Acciaierie d’Italia. A Genova come a Taranto sicurezza assente e sempre più cassa integrazione come strumento ritorsivo. Usb: “Siamo seriamente preoccupati per le condizioni degli impianti e per il futuro”
Sono due gli incidenti avvenuti in una settimana a Genova: l’ultimo ha portato l’Asl 3 di Genova a fermare il reparto TAF2 (Treno a Laminazione a Freddo) per mancanza di sicurezza sul lavoro. Per tutta risposta, l’azienda ha posto in cassa integrazione 180 dipendenti collocati nel c.d.“ciclo latta”. Siamo con ogni probabilità di fronte ad una condotta antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei Lavoratori. L’ utilizzo della cassa integrazione, che ad oggi non si sa ancora se sia CIGO o CIGS, per noi è da considerarsi illegittima, dal momento che l’azienda non rispetta la normativa prevista sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. I lavoratori finiscono col pagare gli inadempimenti dell’azienda.
Nei giorni scorsi è stato aperto un tavolo sulla sicurezza all’interno dello stabilimento, alla presenza del prefetto di Genova, il quale in quella circostanza, ha preannunciato che a stretto giro, convocherà sindacati e dirigenti aziendali. A Taranto intanto è inaccettabile il tono della nota con cui Acciaierie d’Italia dichiara che “Gli eventi accaduti ai reparti del Treno Lamiere dell’acciaieria 2 non possono essere riferiti in alcun modo a carenza di attività manutentive, ma sono invece da addebitare esclusivamente a manovre operative non conformi alle norme aziendali vigenti” e soprattutto “che gli operatori coinvolti sono interessati da provvedimenti investigativi e disciplinari al fine di valutarne le responsabilità”. Noi al contrario riteniamo che da sottoporre a controllo, per far luce sulle mancanze nella gestione dei vari reparti, siano piuttosto i manager dello stabilimento, al fine finalmente di smascherare un’ azienda che continua a mentire sulle drammatiche situazioni impiantistiche.
Assistiamo anche nel contesto jonico allo stesso comportamento antisindacale rilevato a Genova: da parte dell’azienda scelte che non sono assolutamente frutto di condivisione e accordo con le organizzazioni sindacali, e che non permettono la rotazione in cassa dei lavoratori. Pretendiamo a questo punto che la società revochi la cassa integrazione, altrimenti l’Usb intraprenderà tutte le strade consentite al fine di ottenere giustizia nelle sedi competenti. Abbiamo ormai compreso quale metodo si intende adottare per produrre acciaio nella più grande acciaieria d’Italia: aumentando il numero delle unità lavorative in cassa integrazione e riducendo gli investimenti sulla sicurezza in tutti i siti. Una politica aziendale inadeguata, che è alla base dei problemi che oggi ci troviamo ad affrontare nei vari stabilimenti, e che noi negli scorsi mesi, nei vari tavoli istituzionali, non abbiamo mai smesso di denunciare.
Questo ad oggi sembra essere l’unico piano industriale che l’azienda rispetti. Perciò siamo seriamente preoccupati per la sicurezza negli stabilimenti e per gli sviluppi futuri dell’attività aziendale.
Coordinamento nazionale Usb Acciaierie d’Italia.